Oggi, una su trentacinque persone nel mondo risiede in un paese diverso da quello in cui e’ nato/a. Se i duecento milioni di persone che ora vivono al di fuori delle nazioni della loro nascita fossero in un unico luogo, costituirebbero il quinto paese piu’ popoloso del mondo.
Le Nazioni Unite hanno stimato che quasi novanta milioni di persone in tutto il mondo sono lavoratori migranti. Circa quaranta milioni di essi si ritiene siano illegali. Altri milioni di persone si spostano a causa di conflitti, disastri naturali, degrado ambientale, o una combinazione di questi fattori. Tre quarti dei migranti di tutto il mondo sono raggruppati in ventotto paesi industrializzati, nazioni che sempre piu’ stanno diventando comunità chiuse.
Si tratta di un sistema globale che può essere definito “capitalismo coyote”. I coyotes sono trafficanti di esseri umani, o come li hanno descritti i professori Gilbert G. Gonzales e Raoul A. Fernandez, “reclutatori di manodopera messicana non autorizzati.” Questa frase dal suono neutro esclude la burocrazia legale per arrivare ad una descrizione sintetica di questo lavoro. Questo ci permette di pensare ai coyote in termini economici piuttosto che a creature con le zanne uscite dagli inferi. Allo stesso modo, il capitalismo coyote a cavallo tra i regni del legittimo e dell’illecito, evoca un mondo sotterraneo in cui si trovano molti migranti. Questo non vuol dire che la maggior parte dei migranti siano contrabbandati, anche se molti lo sono. il capitalismo Coyote descrive un sistema di incastro, relazioni di dipendenza, alcune “autorizzate”, altre no.
E ‘anche un sistema di evasione e di trasferimento. Il lavoro del coyote e’ quello di garantire che il carico umano transiti da un luogo all’altro.
Sono trasportatori che non si assumono alcuna responsabilita’ per le conseguenze del movimento delle merci, sia presso il luogo di partenza che quello di destinazione. il capitalismo Coyote consente alle aziende e ai governi (sia sviluppati che in via di sviluppo) di trasferire lavoratori in giro e passare la palla. Se la politica è quella di esportare il lavoro, ci sono meno aspettative per la creazione di posti di lavoro. Se si importano i lavoratori, si ha la scusa dello sviluppo di un’economia dipendente dal lavoro migrante. E se sviluppi politiche aziendali o commerciali che incoraggiano le persone a muoversi in cerca di opportunità, sei solo l’intermediario, solo il coyote.