L’idea che lo Stato ebraico debba essere così dipendente dalla vendita di armi per la sua sopravvivenza economica o diplomatica è profondamente preoccupante per alcune persone qui, in quanto si scontra sia con l’immagine che hanno di sé sia con la loro visione dell’utopia sionista. Ma molti altri, i cosiddetti “realisti”, ribattono che la vendita di armi è un dato di fatto per tutti gli Stati-nazione, ma soprattutto per una società israeliana che ha sempre vissuto ai margini. Se Israele non vendesse armi, lo farebbero altri, e Gerusalemme sarebbe privata dei benefici economici e strategici che tali vendite comportano, senza aver cambiato minimamente il mondo. In ogni caso, sostengono i realisti, la sopravvivenza è un imperativo morale tanto quanto la nonviolenza: meglio un’utopia offuscata che un sogno morto.