Fino al 1914, le aliquote fiscali marginali sul reddito anche nei paesi più sviluppati erano molto basse, seppure le imposte sul reddito esistevano. Tasse alte e forte progressività sono nate dallo sforzo bellico. I tassi massimi sono aumentati durante la prima guerra mondiale ed anche le conseguenze immediate, prima di tornare indietro negli anni ’20, anche se mai fino ai livelli prebellici. Sono stati sollevati di nuovo negli anni ’30, spesso per far fronte alle ricadute della Grande Depressione, e hanno raggiunto nuove vette nella seconda guerra mondiale, da cui sono scivolati molto gradualmente verso il basso più o meno da allora.
Gli effetti di livellamento delle preoccupazioni sull’equità sono stati significativamente mediati dal tipo di regime. Nella prima guerra mondiale, le democrazie del Regno Unito, degli Stati Uniti e del Canada erano pronte a “spennare i ricchi”, mentre i sistemi più autocratici come Germania, Austria-Ungheria e Russia preferivano prendere in prestito o stampare denaro per sostenere il loro sforzo bellico.
Possiamo ringraziare Piketty per una risposta elegante nella sua semplicità alla domanda sul perché la disuguaglianza non si sia ripresa rapidamente dopo il 1945. L’accumulazione di capitale è un processo che richiede tempo e il diciannovesimo secolo, perloppiù pacifico in gran parte dell’Occidente, aveva offerto condizioni favorevoli. Una volta che il capitale era stato distrutto su larga scala nel periodo delle guerre mondiali, la ricostruzione si rivelò molto più difficile finché rimasero in vigore misure di guerra come le tasse progressive sul reddito e sui beni. E sono stati mantenuti in vigore mentre lo stato bellico enormemente gonfiato si è trasformato nello stato sociale del dopoguerra, sfruttando per il welfare gli strumenti fiscali originariamente creati per la mobilitazione di massa delle persone e delle risorse industriali.
La mobilitazione bellica fu anche strumentale nel promuovere la sindacalizzazione dei lavoratori.
Ciò è importante perché gli alti tassi di adesione ai sindacati, che sostengono la contrattazione collettiva e tutelano i diritti dei lavoratori, sono comunemente considerati una forza di livellamento e sono infatti correlati negativamente alla disparità di reddito nel lungo periodo.