Il sistema, tuttavia, era fragile. In un saggio del 1986, Alan Walters, un economista britannico e consigliere del Primo Ministro Thatcher, aveva indicato una conseguenza particolarmente perversa dei tassi di cambio fissi. Con tassi di cambio fissi – e, quindi, sotto un’unica valuta – i boom del credito aumentano, rendendo il disastro più profondo e caotico. Il problema di base deriva dal fatto che l’elevata inflazione in Italia rende i mutuatari italiani più affidabili dal punto di vista dei finanziatori tedeschi! La ragione di questo curioso risultato è che con un tasso di cambio fisso, i consumatori italiani con salari in rapido aumento e le imprese che stanno aumentando i loro prezzi hanno costantemente gonfiato la lira per rimborsare i prestiti in marchi tedeschi. Gli investitori tedeschi – sia direttamente, sia più spesso attraverso le banche italiane – sono quindi felici, persino entusiasti, di prestare agli italiani. Per proteggersi, i prestatori tedeschi concedono prestiti solo di breve durata in modo che possano estinguersi rapidamente se un deprezzamento della lira diventa imminente. Ma, nel frattempo, quando i finanziatori rinnovano i vecchi prestiti a breve scadenza ed estendono quelli nuovi, la follia dei prestiti alimenta un’inflazione italiana ancora maggiore, facendo perdere agli esportatori italiani la competitività internazionale. La perversità sorge perché, anche se l’Italia perde competitività e, di conseguenza, la crescita del PIL del paese rallenta e il tasso di disoccupazione aumenta, gli italiani diventano più indebitati. L’analisi di Walters ha spiegato con precisione il motivo del ripetuto fallimento dei sistemi di cambio fissi europei negli anni ’70 e ’80. La sua analisi prevedeva le difficoltà incontrate nell’ambito dell’ERM nei primi anni ’90. I paesi ad alta inflazione – Italia e Regno Unito – hanno registrato forti afflussi di capitali, che hanno alimentato i boom del credito interno. Lars Svensson, il macroeconomista internazionale e successivamente vice governatore della Riksbank svedese, ha aggiunto che la promessa di mantenere i tassi di cambio fissi ha mantenuto gli afflussi di capitali fino alla fine: i creditori stranieri che concedevano prestiti alle economie indebolite hanno cercato di guadagnare l’ultimo dollaro extra, giudicando che sarebbero usciti prima che il sistema crollasse.