All’udire dello scoppio della prima guerra mondiale, Papa Benedetto XV dichiarò che rappresentava “il suicidio dell’Europa”. Cento anni dopo possiamo parlare di un “nuovo suicidio”, in quanto l’idealismo associato a un’intera era di integrazione europea si è rivelato nugatorio e illusorio. Al centro dell’UE c’è un progetto di pace, che ha mantenuto questa promessa in Europa occidentale prima del 1989. Tuttavia, di fronte a una sfida non meno impegnativa nell’era post-comunista – per guarire le divisioni della Guerra Fredda e costruire le basi per un continente unito: l’UE ha fallito in modo spettacolare. Invece di una visione che abbraccia l’intero continente, è diventata poco più che l’ala civile dell’alleanza di sicurezza nell’Atlantico. Anche il suo impegno sempre più limitato per la solidarietà sociale e transnazionale è messo a repentaglio dal putativo partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP). L’Atlantismo sta diventando sempre più ramificato, mentre la Russia è sempre più esclusa.