Nel suo libro del 1998 sul Medio Oriente, Da Beirut a Gerusalemme, il giornalista del New York Times Thomas Friedman ha fornito un aneddoto del 1982 sulla vera, meno riconosciuta missione delle forze israeliane:
Due obiettivi in particolare sembravano interessare l’esercito di [Ariel] Sharon. Uno era il Centro di ricerca dell’OLP. Al Centro Ricerche dell’OLP non c’erano armi, né munizioni, né combattenti. Ma c’era qualcosa di più pericoloso: libri sulla Palestina, vecchi documenti e atti di proprietà appartenenti a famiglie palestinesi, fotografie sulla vita araba in Palestina, archivi storici sulla vita araba in Palestina e, cosa più importante, mappe – mappe della Palestina prima del 1948 con tutti i villaggi arabi su di essa prima che nascesse lo Stato di Israele e ne cancellassero molti. Il Centro di ricerca era come un’arca contenente l’eredità dei palestinesi, alcune delle loro credenziali come nazione. In un certo senso, questo è ciò che Sharon desiderava maggiormente portare a casa da Beirut. Lo si poteva leggere nei graffiti che i ragazzi israeliani hanno lasciato sui muri del Centro di ricerca: “Palestinesi? Chi sono?” E “Palestinesi, vaffanculo”, e “Arafat, scoperò tua madre”. (L’OLP costrinse successivamente Israele a restituire l’intero archivio come parte di uno scambio di prigionieri del novembre 1983.)