Nel caso di Julian Assange, queste scomode verità sono, manco a dirlo, le pubblicazioni di WikiLeaks. Accendono i riflettori sulla vergognosa realtà delle relazioni internazionali, sui crimini di guerra e le violazioni dei diritti umani, la corruzione, le bugie e i marci compromessi. L’esattezza delle informazioni trapelate non può essere contestata, perché i documenti sono stati prodotti dalle stesse autorità. Ma invece di affrontare questa realtà e apportare le correzioni necessarie, gli stati esposti hanno preferito cambiare argomento della conversazione. Hanno fatto squadra per strappare i riflettori dalle mani del messaggero e rivoltarli contro di lui: Assange, stupratore, hacker, spia e narcisista! Nemmeno un vero giornalista! Un traditore che ha rischiato vite umane! L’opinione pubblica mondiale e i media sono stati grati, perché è molto più facile deridere e usare come capro espiatorio un individuo isolato piuttosto che mettere in discussione l’integrità delle proprie autorità e, in effetti, dell’intero sistema di governo politico ed economico. È molto più difficile assumersi la responsabilità politica e avviare le enormi riforme del governo globale che devono essere intraprese se vogliamo raggiungere le società pacifiche, giuste e sostenibili previste in documenti fondamentali come la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione universale dei diritti umani.