Le nostre attuali conoscenze sono inadeguate per affrontare l’idra capitalista. Finiremmo in una lotta per la mera sopravvivenza, operando per conto di un sistema in continua espansione da cinquecento anni, in guerra con il pianeta e con la vita intera. Possiamo vedere che il sistema capitalista dipende da questa concezione oggettivante e dualista del reale in tante delle sue dimensioni: l’idea di sfere autonome (“economia”, “società”, “politica”, “cultura” e così via), come se il flusso incessante della materia/vita potesse essere infilato in queste caselle ordinatamente organizzate; il costrutto dell’ “individuo” autonomo che massimizza la sua “utilità” attraverso le decisioni di mercato; l’idea di un mercato che si autoregola, come se non fosse legato da più fili all’intera rete del reale; il concetto di natura come “risorsa” piuttosto che come vita stessa; e il modo di intendere su cui si appoggia, la cosiddetta scienza dell’economia, vero e proprio castello cartesiano nel cielo fondato su questi stessi presupposti. Queste premesse, e molte altre, costituiscono la base ontologica del capitale e della sua pratica di saccheggio e distruzione.