Questa libertà non può essere sostenuta se la detenzione della proprietà è così diseguale e polarizzata nella sua distribuzione che una manciata di individui è in grado di sfidare la repubblica, superando con successo ogni opposizione della cittadinanza in modo da imporre la propria concezione del bene pubblico. Quando la proprietà è distribuita in modo molto diseguale, c’è poco o nessun spazio per la libertà della popolazione rimanente, che ne è stata quindi privata.

L’introduzione di un reddito di base supporrebbe una maggiore libertà repubblicana, vale a dire un maggiore grado di indipendenza socioeconomica, o una base di esistenza autonoma che è molto maggiore di ciò che la maggior parte dei cittadini del mondo conosce oggi, specialmente i gruppi più vulnerabili e più soggiogati (un numero considerevole di lavoratori salariati, i poveri in generale e, in particolare, nei paesi più poveri, i disoccupati, le donne e così via).

Grandi disuguaglianze sociali sono la causa della mancanza di libertà. In un mondo come il nostro all’inizio del ventunesimo secolo, dove l’accumulo privato di vaste fortune coesiste (spesso come causa diretta) con condizioni di assoluta miseria, la libertà di centinaia di milioni di persone è seriamente minacciata anche dove non è completamente negata. Nelle condizioni socioeconomiche di questo nuovo secolo, il reddito di base non è altro che un meccanismo istituzionale attraverso il quale è possibile garantire l’esistenza materiale a tutti i cittadini e residenti accreditati (di qualunque territorio). Questo non sarebbe un risultato trascurabile nel mondo di oggi.

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