Il nuovo mondo, il mondo di Hobbes, Galileo e Harvey, era un intreccio infinito e irrequieto di movimento persistente. E, in questa nuova società, la felicità stessa era basata sulla libertà di movimento. La libertà è stata fondamentalmente, e per la prima volta, vista come un movimento senza ostacoli.
La logica dell’esclusione può essere contrapposta a una logica dell’altro, dove “l’alterità come condizione di cittadinanza presuppone che di fatto la cittadinanza e la sua alterità siano sempre emerse simultaneamente in modo dialogico e si costituissero a vicenda” così “gli schiavi non erano semplicemente esclusi dalla cittadinanza, ma la cittadinanza era resa possibile dalla loro stessa definizione”. I cittadini richiedono che la produzione altrui sia possibile e la definizione di cittadino trasporta il non cittadino o il cittadino ombra come parte della sua costituzione.
Esistono valutazioni positive della mobilità, non attraverso l’esclusione di quelle negative ma in una modalità necessariamente relazionale – una logica di alterità dove le mobilità “patologiche” sono coprodotte e intrecciate con quelle mobilità definite centrali per questa o quella identità.
In questo mondo è importante capire che la mobilità è qualcosa di più del semplice andare da A a B. Si tratta del mondo contestato del significato e del potere. Si tratta di mobilità che si sfregano l’una contro l’altra e causano attrito. Si tratta di una nuova gerarchia basata sui modi in cui ci muoviamo e sui significati che a questi movimenti sono stati dati.