La notevole stretta concordanza dell’Unione europea con questa visione nella gestione della crisi fiscale post 2008 ha portato diversi studiosi a sostenere che l’UE è diventata una politica ordoliberale. Se questo è corretto, il suo “deficit democratico” è ora una parte intrinseca, piuttosto che involontaria e facilmente risolvibile del progetto. Ciò che dovrebbe essere chiaro a questo punto è che, contrariamente a Hayek e Friedman, il liberalismo autoritario – tecnocratico non è una fase di transizione per gli ordoliberali, ma piuttosto la forma governativa appropriata al capitalismo moderno. Gli stati ordinoliberali non possono abbracciare la partecipazione dei cittadini o la condivisione democratica del potere; piuttosto, sono modellati da “un’espressione chiara e inattaccabile di volontà politica” fondata sull’esperienza tecnica. La gestione del capitalismo richiede una gestione non politica e non democratica da parte di autorità informate che intervengono “non sul mercato ma per il mercato… sulle condizioni del mercato “. Questa “terza via” economica (né il laissez-faire, né i regolamenti statali o la proprietà) è possibile solo se lo stato è isolato sia dagli interessi politici sia dal processo decisionale democratico. Tuttavia questo stato non democratico non deve essere antiliberale, neppure in una crisi, anche quando le sue caratteristiche autoritarie si manifestano chiaramente. L’imposizione di misure di austerità e di altre politiche che schiacciano, sradicano o rendono indigenti determinate popolazioni può evitare di toccare le libertà personali. Inoltre, il mercato stesso è ordinato liberalmente dai principi microeconomici della concorrenza e dall’efficiente meccanismo dei prezzi.