Il sogno neoliberista era un ordine globale di capitali che scorrevano e si accumulavano liberamente, nazioni organizzate per moralità e mercati tradizionali e stati orientati quasi esclusivamente a questo progetto. Inchiodato alle esigenze dei mercati che non sono né auto-stabilizzanti né permanentemente competitivi, lo stato neoliberista, con il suo impegno per la libertà e legiferando solo su regole universali, proteggerebbe anche il tradizionale ordine morale dalle incursioni di razionalisti, pianificatori, redistribuzionisti e altri egualitari. A tal fine, la democrazia sarebbe separata dalla sovranità popolare e degradata da un fine a un mezzo per facilitare il trasferimento pacifico del potere. La cittadinanza si limiterebbe al voto, la legislazione alla generazione di regole universali, i tribunali all’arbitrato. In questa visione, all’interno degli stati-nazione, i democratici non avrebbero governato, ma neppure, in modo cruciale, il capitale o i suoi segmenti più potenti. Per i neoliberisti, la plutocrazia non è più amichevole della democrazia per il progetto di uno stato razionalmente organizzato volto a proteggere i domini dei mercati e della morale. Sia le democrazie che la plutocrazia strumentalizzeranno gli stati nei loro interessi, indebolendo contemporaneamente la loro capacità di governo mentre espandono la loro portata e penetrazione nella società, compromettendo così la salute dell’economia, della concorrenza e della libertà.
Man mano che lo stato neoliberista correttamente costituito viene dedemocratizzato e privato della sovranità, la sua autorità sarebbe rafforzata e la cittadinanza politicamente pacificata. Il compito dello stato di assicurare le condizioni per i mercati diventa più complesso come anche l’economia, rendendo essenziale la tecnocrazia e degradando ulteriormente il valore o persino la possibilità di partecipazione democratica. La tecnocrazia serve anche da cuscinetto contro gli inevitabili sforzi di potenti attori del mercato per distorcere la concorrenza. Da qui il sogno di un ordine liberale autoritario, legato a una costituzione economica e guidato da tecnocrati. Da qui l’obiettivo di Hayek di una rigorosa separazione dei poteri, severe restrizioni alla portata legislativa e lo spostamento della sovranità statale in base ai principi dei mercati e della moralità. Da qui lo sforzo della scuola di scelta pubblica di dirigere e contenere il potere legislativo attraverso un emendamento di bilancio equilibrato e di usare “serrature” per proteggere il capitalismo da contestazioni o interferenze democratiche. Lo scopo di smantellare la società, soffocare la democrazia, scatenare e riprogrammare lo stato era quello di neutralizzare una panoplia di forze corrotte – potenti attori di mercato, egualitari e ingegneri sociali, e ignoranti masse che seguivano falsi miti.