Inadempiere i creditori, dichiarare il fallimento formalmente, è una cosa terribile, ma ha un lato positivo: il debito si riduce e hai la possibilità di lavorare di nuovo duramente, rialzarti in piedi e riguadagnare la fiducia dei potenziali investitori. Questo è, ad esempio, il modo in cui la General Motors si è ripresa dopo il 2009, in effetti il modo in cui la Germania è tornata nella terra dei vivi negli anni ’50 mediante una sostanziale riduzione del debito. Ma no, la Grecia era destinata a fare la storia. Secondo i termini del suo secondo salvataggio nel 2012, il nuovo governo avrebbe dichiarato il più grande mancato pagamento nella storia del mondo, rimanendo contemporaneamente nella prigione dei debitori per gentile concessione del più grande prestito nella storia del mondo.
L’eccezionale taglio da 100 miliardi di euro di debito in tutto il mondo ha colpito i pensionati inermi della Grecia, le sue associazioni professionali e i piccoli detentori di obbligazioni – che sarebbero stati costretti a dire addio ai soldi che lo Stato doveva loro – mentre un prestito estendibile da record mondiale di 130 miliardi di euro è stato spinto in gola alla nazione, quasi nessuno dei quali sarebbe andato allo stato greco. Invece, una grossa fetta di quei soldi andò ai banchieri greci (per compensarli eccessivamente per i soldi che avevano perso con il taglio dei titoli di Stato), un secondo pezzo andò ai prestatori privati stranieri della Grecia (come incitamento a farli accettare il taglio), e la terza parte è andata a servizio dei prestiti dell’UE e del FMI dal primo accordo di salvataggio.
Lungi dall’essere apolitico, l’enorme potere discrezionale della BCE su quando far rispettare le sue regole e quando aggirarle – quando strangolare un governo e quando non farlo – la rendono la banca centrale più politica del mondo. Come ogni tragico despota troppo potente per rimanere inattivo ma allo stesso tempo impotente per agire decentemente.