E’ tempo che i sindacati diventino molto più immanenti e colgano l’ opportunità aperta dalla crisi per iniziare a liberare i servizi pubblici dall’ontologia aziendale. Quando anche le aziende non possono essere gestite come imprese, perché i servizi pubblici dovrebbero esserlo?
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Nulla contraddice l’imperativo costitutivo del capitalismo verso la crescita più che il concetto di razionamento di beni e risorse. Eppure sta diventando scomodamente chiaro che l’autoregolamentazione dei consumatori e il mercato non eviteranno da soli la catastrofe ambientale. C’è un caso libidico, oltre che pratico, da risolvere per questa nuova ascesi.
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La licenza illimitata porta alla miseria e alla disaffezione, quindi le limitazioni poste sul desiderio è probabile che lo accelerino, piuttosto che farlo morire. In ogni caso, un razionamento di qualche tipo è inevitabile. Il problema è se sarà
gestito collettivamente, o se sarà imposto con mezzi autoritari quando è già troppo tardi. Che forma dovrebbe assumere questa gestione collettiva dovrebbe essere, ancora una volta, una domanda aperta, un’ incognita da risolvere solo in modo pratico e sperimentale. La lunga e oscura notte della fine della storia deve essere considerata come un’enorme opportunità. La pervasività molto opprimente del
realismo capitalista significa che anche i barlumi di possibilità politiche ed economiche alternative possono avere un grande effetto di impatto sproporzionato. Il più piccolo evento può aprire un buco nella tenda grigia della reazione che ha segnato gli orizzonti delle possibilità sotto il realismo capitalista. Da una situazione in cui nulla può accadere, all’improvviso tutto è nuovamente possibile.