Una strategia per dissipare la tensione tra capitalismo e democrazia, e per stabilire il primato a lungo termine del mercato sulla politica, deve quindi incentrarsi sulle “riforme” incrementali delle istituzioni politico-economiche: il passaggio verso una politica economica legata a regole, banche centrali indipendenti e una politica fiscale sicura dai risultati elettorali; il trasferimento delle decisioni di politica economica agli organismi di regolamentazione e ai “comitati di esperti”; e limiti del debito sanciti dalla costituzione che sono legalmente vincolanti per i governi per i decenni a venire, se non per sempre. Nel corso di questo, gli stati del capitalismo avanzato devono essere costruiti in modo tale da guadagnare la fiducia duratura dei proprietari e dei movers del capitale, dando garanzie credibili a livello di politica e istituzioni che non interverranno nell’ “economia” – o che, se lo fanno, sarà solo per proteggere e far rispettare la giustizia del mercato sotto forma di adeguati rendimenti sugli investimenti di capitale. Una precondizione per questo è la neutralizzazione della democrazia, nel senso della socialdemocrazia del capitalismo del dopoguerra, e il completamento con successo di un programma di liberalizzazione Hayekiano.