La stagnazione ostinata che ha colpito l’economia americana e gran parte dell’economia globale, dopo la fine della recessione è stata in parte dovuta ad un altro improvviso cambiamento nel paradigma dominante della politica economica. Il momento keynesiano è passato rapidamente, e idee e politiche neoliberiste sono tornate indietro, questa volta nei panni di “austerità”. Nella primavera e nell’estate del 2009, è richiesta una riduzione della spesa pubblica, da parte di economisti, analisti politici e pubblici ufficiali degli Stati Uniti e dell’Europa. Il nuovo approccio politico si è concentrato sui grandi disavanzi governativi e sui rapporti di crescita del debito pubblico verso il PIL in tutti i paesi colpiti dalla recessione. Mentre pochi paesi del G20 hanno esercitato importanti decisioni governative negli anni immediatamente precedenti la crisi, le forti recessioni hanno portato grandi decisioni, in quanto le raccolte fiscali sono diminuite con l’attività economica mentre la spesa per benefici di disoccupazione e altri programmi sociali è aumentata automaticamente. Quindi i programmi di stimolo hanno ulteriormente aumentato i disavanzi pubblici. Alcuni analisti politici e funzionari avevano lungamente considerato i deficit del governo e il crescente debito pubblico che ne derivava, come il più grave problema economico contemporaneo. Adesso sono stati uniti da un crescente coro di persone influenti e i mass media presto comincieranno a trattare la visione di austerità come una verità evidente.