Il quadro complessivo lascia poco spazio al dubbio: come stanno le cose oggi, la crescita economica (come raffigurato nelle statistiche del “prodotto nazionale lordo” e identificato con l’aumento della quantità di soldi che cambiano mani) per la maggior parte di noi non significa necessariamente un futuro migliore. Al contrario, esso porta a un numero già enorme e crescente di persone una condizione ancora più profonda di squilibrio, più precariato e quindi anche più degradazione, sconcerto, afflizione e umiliazione – una lotta sempre più dura per la sopravvivenza sociale.
L’arricchimento dei ricchi non “trabocca” anche su coloro che si trovano più vicini nelle gerarchie di ricchezza e reddito – per non parlare di quelli più in giù nella scala; La nota, anche se sempre più illusoria, “scala” della mobilità verso l’alto sta diventando sempre più una pila di griglie impermeabili e barriere invalicabili.
La “crescita economica” segnala l’opulenza crescente per pochi, ma una forte caduta di stato sociale e di autostima per una massa di altri. Invece di passare il test di una soluzione universale ai problemi sociali più onnipresenti e insopportabili, la “crescita economica” come la abbiamo conosciuta tramite la nostra esperienza collettiva, potrebbe essere la causa principale della persistenza e dell’aggravamento di questi problemi.