Per gli autori come Fridell (2007), questa è una delle principali contraddizioni del commercio equo e solidale: i suoi protagonisti cercano di combattere contro il libero mercato mentre rimangono al suo interno – per parafrasare Michael Barratt Brown (1993) – e accettando la struttura capitalistica delle relazioni sociali di produzione. Descriverebbero il fenomeno di Sfruttamento come una distorsione portata sul mercato derivante dall’atteggiamento di “gruppi senza scrupoli”.
Secondo lui, questa visione riduce l’importanza degli “imperativi strutturali” del capitalismo: concorrenza, accumulazione del capitale, innovazione e massimizzazione del profitto. Avrebbe anche la tendenza a considerare le relazioni sociali di produzione – e le loro lotte connesse – non come punto di partenza dello sviluppo capitalista, ma come una delle sue conseguenze. Come ha scritto Fridell (2007: 14-15), il movimento Fair Trade:
Si basa sulla convinzione che la disuguaglianza e l’ingiustizia globali possano essere combattute con le riforme radicali al commercio, a livello sia delle singole imprese che del regime internazionale del commercio, senza una trasformazione fondamentale del potere politico, delle relazioni di classe e della proprietà immobiliare negli Stati che costituiscono il sistema mondiale.