Le Filippine hanno sopperito alla richiesta di forza lavoro che mancava offrendo lavoro all’estero e in mare fornendo i mezzi per un’economia altrimenti insostenibile. Le centinaia di miliardi di dollari che i lavoratori stranieri inviano a casa da tutto il mondo, fanno parte di un’ economia internazionale alimentata dalla migrazione. Pensate a un labirinto globale di condutture attraverso il quale passa la linfa economica dei flussi migratori, collegando i salariati ad un’estremità e le loro famiglie e comunità all’altra.
Le economie nazionali che hanno fatto affidamento sul lavoro dei migranti, in combinazione con il business redditizio e in crescita dei flussi di denaro da essi generati, un componente chiave dell’ “industria della migrazione”, dimostrano le forze dinamiche che non solo spingono la migrazione globale, ma ne beneficiano anche. Nel 2008, i paesi di destinazione di alto livello per le rimesse sono stati l’India (45 miliardi di dollari), la Cina (34,5 miliardi di dollari), il Messico (26,2 miliardi di dollari), e le Filippine (18,3 miliardi di dollari).
Il lavoro migrante rappresenta per le Filippine la seconda più grande fonte di reddito da esportazione, dopo
l’elettronica. Le rimesse rappresentavano quasi l’ 11 per cento del PIL nel 2008 e hanno contribuito a compensare il deficit commerciale in crescita della nazione.
Con circa il 10 per cento della sua popolazione che lavora all’estero, la nazione di novantadue milioni di persone ha sviluppato una cultura della migrazione.
Il governo ha messo a punto una vasta e proficua burocrazia, il Philippine Overseas Employment Administration (POEA), per gestire e promuovere la migrazione. Un’infrastruttura per affari addestra, recluta e gestisce lavoratori filippini allo stesso modo nel quale le repubbliche delle banane gestiscono le colture. I funzionari governativi si vantano riguardo al numero di OFWs (Overseas Filipino Workers) che sono stati dispiegati (deployed). E no, “deployed” non è un errore di battitura per “employed” (impiegati). La parola “deploy”, che significa “diffondersi strategicamente”, e’ una parte importante del piano ufficiale del gioco.
Ogni anno, il presidente filippino distribuisce premi Bagong Bayani (eroi moderni) ai lavoratori migranti “eccezionali ed esemplari” del paese.
“I nostri OFWs hanno contribuito non poco alla nostra stabilità finanziaria e la crescita economica”, ha detto il presidente Gloria Macapagal-Arroyo nel giorno dei lavoratori migranti nel 2005. “Le loro rimesse hanno puntellato le nostre riserve in valuta estera, gli investimenti guidati nelle città e nelle campagne, e tenuto in vita le speranze di milioni di famiglie filippine”.
In America, le Filippine sono state a lungo la principale fonte estera per l’assunzione di infermieri. Nel 2004, più di cinquantamila RNs filippini specializzati lavoravano negli Stati Uniti.
Dopo il 1965, le nuove leggi sull’immigrazione negli Stati Uniti hanno rovesciato politiche di lunga data sull’esclusione dei migranti asiatici, gli imprenditori hanno istituito scuole per infermieri nelle Filippine per soddisfare la crescente domanda negli Stati Uniti.
Tra il 2000 e il 2007, secondo il governo, circa 78.000 infermieri qualificati hanno lasciato le Filippine per lavorare all’estero.
Avevo visto rapporti inquietanti suggerire che, mentre le Filippine producevano infermieri per l’esportazione, la formazione per soddisfare i requisiti e superare le prove richiesti agli stranieri, non erano in grado di soddisfare le proprie esigenze interne. Il rapporto tra infermieri e pazienti era critico, ed i pazienti morivano per negligenza. Le ricerche avevano mostrato che si chiudevano gli ospedali a causa di una carenza di operatori sanitari. Ma una cosa e’ leggere le statistiche nei rapporti e un’altra constatare di persona.
Ma e’ troppo semplice addossare tutta la colpa delle politiche di esportazione del lavoro alle nazioni sottosviluppate. Come vedremo, gran parte delle responsabilità per i milioni di migranti in movimento possono essere ricondotte alle suite aziendali ed ai centri di governo nel mondo industrializzato.
Le Filippine non sono le sole ad adottare una politica di esportazione del lavoro come puntello economico. Anche Bangladesh, Indonesia, Sri Lanka, India e Vietnam hanno burocrazie che promuovono la migrazione dei lavoratori.
Pensate a queste potenti istituzioni come incarnazioni attuali di Giano, il dio romano di cancelli, porte, inizi, e fini. Nella scultura e’ rappresentato con due teste o facce rivolte in direzioni opposte.
A volte e’ raffigurato in possesso di una chiave. Mentre i governi moderni fanno la guardia alle proprie porte, tentando di impedire la migrazione con la polizia e il controllo delle frontiere, le loro politiche e offerte commerciali spesso hanno l’effetto compensativo di promuovere la migrazione.
Lungo i confini del mondo sviluppato, mentre una delle teste di Giano bifronte presenta un aspetto severo, la legge e l’ordine, la controparte più permissiva guarda dall’altra parte, offrendo carote e incoraggiando i migranti a evitare le sentinelle e cercare opportunita’.
Questo è il contesto necessario per capire la migrazione del lavoro globale. In un mercato internazionale, la mobilità umana è parte del sistema economico tanto quanto le aziende nomadi che setacciano il mondo alla ricerca di prezzi bassi, alleanze strategiche e accordi commerciali, esportazione e importazione, industrializzazione e spostamenti di valuta. In superficie, nessuno di questi problemi ha molto a che fare con la migrazione. Ma scavate un po ‘più in profondita’ e diventa evidente che politiche apparentemente non collegate possono avere un impatto diretto sulla circolazione delle persone, anche se involontariamente.
Ciò nonostante, le istituzioni e le nazioni – sia di destinazione così come i paesi di origine – che pretendono di essere forze passive nella migrazione globale sono di volta in volta, attraverso le loro azioni, collaboratori inconsapevoli.
Spesso, le decisioni dei migranti sono influenzate da politiche che hanno origine negli uffici commerciali di tutto il mondo, palazzi direzionali, edifici governativi e centri finanziari.