Il “nonno” di tutti i fallimenti ai quali porre rimedio si è verificato nel 2008, quando, come e’ noto, Wall Street quasi si dissolse.
Le più grandi banche di Wall Street avevano acquistato centinaia di miliardi di dollari di prodotti rischiosi, come i mutui subprime, i titoli di debito emessi in seguito a un’operazione di cartolarizzazione di un portafoglio di posizioni incorporanti rischio di credito, e i titoli garantiti da un insieme di mutui ipotecari. Anche se le banche ne hanno venduto molti ad investitori incauti, ne hanno tenuti molti sui loro libri al loro valore pieno. Quando la bolla del debito è esplosa, le banche e molti investitori si sono trovati con cambiali quasi senza valore. Alcuni commentatori (tra cui il sottoscritto) hanno spinto perche’ le banche siano costrette a confrontarsi con i loro problemi in caso di fallimento. Questo non e’ successo. Quando Lehman Brothers è andata in bancarotta nel settembre 2008 – di gran lunga il più grande fallimento nella storia, con più di 691 miliardi di dollari di attivo e molti di più in passivo l’evento ha scosso talmente Wall Street che Henry Paulson Jr., il segretario uscente del Tesoro, ha convinto il Congresso ad autorizzare diverse centinaia di miliardi di dollari di finanziamento per proteggere le altre grandi banche. Le banche hanno ricevuto anche una stima di 83 miliardi di dollari di prestiti a basso interesse da parte della Federal Reserve. Paulson e il suo successore alla guida del Dipartimento del Tesoro, Tim Geithner, non stabilivano esplicitamente che le grandi banche fossero troppo grandi per fallire. Erano, invece, troppo grandi per essere riorganizzate in caso di fallimento. Il vero onere del quasi tracollo di Wall Street è caduto su piccoli investitori e proprietari di immobili. Quando i prezzi delle case sono crollati, molti proprietari di casa si sono trovati a dovere pagare di più sui loro mutui di quanto valessero le loro case e fossero in grado di rifinanziare.
Eppure, il capitolo 13 del codice fallimentare (la cui redazione dipendeva in gran parte dal lavoro del settore finanziario) impedisce ai proprietari di abitazioni di dichiarare il fallimento sui mutui per la loro residenza principale. Quando la crisi finanziaria ha colpito, alcuni membri del Congresso, guidati dal senatore dell’ Illinois Dick Durbin, hanno cercato di modificare il codice per consentire ai proprietari di case in difficoltà di utilizzare il fallimento. Questo avrebbe dato loro una potente merce di scambio per impedire alle banche e ad altri che si occupavano dei loro prestiti di bloccare le loro case.
La legge è stata approvata alla Camera, ma quando alla fine di aprile 2009 Durbin ha presentato il suo emendamento al Senato, il settore finanziario si e’ impegnato per impedire il suo passaggio, sostenendo che sarebbe aumentato notevolmente il costo dei mutui per la casa. (Nessuna prova convincente ha dimostrato che fosse davvero cosi’.) Il disegno di legge ha ottenuto solo quarantacinque voti del Senato , anche se i democratici erano in maggioranza. Una delle conseguenze e’ stata che i proprietari in difficolta’ non avevano potere contrattuale. Più di cinque milioni di essi hanno perso le loro case, e entro il 2014 altri due milioni erano sul punto di perderle. Tanto, ancora una volta, per il sacrificio condiviso.

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