Il capitalismo industriale ha, nell’arco di 200 anni, reso il clima 0,8 gradi Celsius più caldo, ed è certo che salira’ due gradi sopra la media pre-industriale entro il 2050. Qualsiasi progetto che vada oltre il capitalismo deve plasmare le sue priorità in rapporto alla sfida urgente di fronteggiare il cambiamento climatico.
Sia che si reagisca in tempo e ci si confronti con essa in un tempo e un modo relativamente ordinato, o che non ci si riesca – ne conseguira’ un disastro. E’ diventato comune deridere le assurdità dei negazionisti del cambiamento climatico, ma c’è una razionalità nella loro risposta. Essi sanno che la scienza del clima distrugge la loro autorità, il loro potere e il loro mondo economico. In un certo senso, hanno colto che se il cambiamento climatico fosse reale, il capitalismo sarebbe finito.
I veri assurdisti non sono i negazionisti del cambiamento climatico, ma i
politici e gli economisti che credono che i meccanismi di mercato esistenti
possano fermare il cambiamento climatico, che il mercato debba impostare i limiti dell’ azione sul clima e che il mercato possa essere strutturato per fornire il più grande progetto di re-engineering che l’umanità abbia mai provato. Nel mese di gennaio 2014, John Ashton, che ha alle spalle una carriera di diplomatico ed ex rappresentante speciale del governo britannico sui cambiamenti climatici, ha quantificato la cruda verità all’ 1 per cento: ‘Il mercato lasciato a se stesso non puo’ riconfigurare il sistema energetico e trasformare l’economia nello spazio di una generazione. Secondo l’International Energy Agency, anche se tutti i piani di riduzione delle emissioni annunciati, tutte le tasse sul carbonio e tutte le fonti rinnovabili raggiungessero gli obiettivi che si prefiggono – cioè, se i consumatori non si rivolteranno contro le tasse più alte, e il mondo non si de-globalizzasse’ – le emissioni di CO2 aumenteranno del 20 per cento entro il 2035.
Invece di limitare il riscaldamento della terra ad un aumento di soli due gradi, la temperatura salirà di 3.6 gradi. Di fronte ad un chiaro avvertimento che un pianeta 4,5 miliardi di anni è stato destabilizzato, quelli al potere hanno deciso che una dottrina economica di soli 25 anni possiede la soluzione. Essi hanno deliberato di incentivare il minore uso di carbone razionandolo, tassandolo e
sovvenzionando le alternative. Dal momento che il mercato è la massima espressione della razionalità umana, hanno creduto di stimolare l’assegnazione corretta delle risorse per raggiungere l’obiettivo del tappo di due gradi. Era pura
ideologia, ed è stata dimostrata semplicemente sbagliata.
Per rimanere sotto la soglia di due gradi, noi – come popolazione globale – dobbiamo bruciare non più di 886 miliardi di tonnellate di carbone tra gli anni
2000 e 2049 (secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia). Ma le compagnie globali petrolifere e del gas hanno dichiarato l’esistenza di 2,8 trilioni di tonnellate di riserve di carbone, e le loro azioni sono valutate come se quelle
riserve fossero combustibili. Il Tracker Initiative Carbon ha avvertito gli investitori: Hanno bisogno di capire che il 60-80% delle riserve di carbone, petrolio e gas delle imprese quotate sono inutilizzabili – vale a dire, se li bruciamo, l’atmosfera si scalderà in misura catastrofica.