Visivamente cio’ che ci appare può sembrare “russo” o “americano”, ma questi
marcatori geografici di un’epoca precedente sono ancora utili a comprendere il
carattere della nostra epoca ? La mia tesi non ritiene che le forze distruttive delle quali scrivo siano tutte interconnesse. Piuttosto, intendo che queste forze distruttive attraversano i nostri confini concettuali – termini e categorie che usiamo per pensare all’economia, alla politica, alla diversità degli stati-nazione
e alle ideologie dal comunismo al capitalismo. Ma lo fanno in modi che sono invisibili al nostro occhio concettuale. In questo senso, allora, io li descrivo come concettualmente sotterranei. Sono complessi da comprendere.
Piu’ un sistema e’ complesso e più e’ difficile da capire, più e’ difficile individuarne le responsabilità, e più è difficile per chiunque vi sia coinvolto sentirsi responsabile. Quando le forze distruttive si manifestano e diventano visibili, il problema è quello di interpretarle. Gli strumenti che abbiamo a disposizione per questo non sono aggiornati, e cosi’ ricadiamo nelle nostre categorie familiari: si parla di governi che non sono fiscalmente responsabili, famiglie che accumulano più debito di quanto non siano in grado di gestire, allocazioni di capitale che sono inefficienti a causa della troppa regolamentazione, e cosi’ via.

[…]

La popolazione di rifugiati ha un maggiore impatto economico sul Sud del mondo che sul Nord Globale. Il Pakistan ha sperimentato il più grande impatto economico, con 605 rifugiati per ogni dollaro americano del suo PIL pro-capite,
seguito rispettivamente dalla Repubblica Democratica del Congo e dal Kenya con 399 e 321 rifugiati per ogni dollaro di PIL pro capite. In contrasto, la Germania ha subito un impatto minimo sulla sua economia dalla sua popolazione di rifugiati,
con 15 rifugiati per ogni dollaro di PIL pro capite. Chiaramente, l’impatto economico puo’ essere minimo anche se l’impatto sociale può essere alto.

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