Siamo in grado di caratterizzare il rapporto tra il capitalismo avanzato e quello tradizionale nel periodo attuale come segnato dall’ estrazione e dalla distruzione, non diversamente dal rapporto del capitalismo tradizionale e le economie precapitaliste. Nella sua forma più estrema questo può significare l’impoverimento e l’esclusione di un numero crescente di persone che cessano di rappresentare valore come lavoratori e consumatori. Ma oggi può anche significare che i soggetti economici un tempo cruciali per lo sviluppo del capitalismo, come la piccola borghesia e le borghesie nazionali tradizionali, non hanno piu’ valore in un sistema ampliato. Queste tendenze non sono anomale, né sono il risultato di una crisi; fanno parte dell’ approfondimento sistemico corrente tra i rapporti capitalistici. E, io sostengo, lo è anche la contrazione economica, distinta da quella finanziaria, lo spazio in Grecia, Spagna, Stati Uniti, e molti altri paesi sviluppati. Le persone come i consumatori e i lavoratori svolgono un ruolo minore negli utili di una vasta gamma di settori economici. Per esempio, dal punto di vista del capitalismo di oggi, le risorse naturali di gran parte dell’Africa, America Latina, e dell’Asia centrale sono più importanti dei rispettivi abitanti come lavoratori o consumatori. Questo ci dice che il nostro periodo non è come le forme precedenti del capitalismo che prosperava sull’ espansione accelerata del lavoro e le classi medie.
Massimizzare il consumo da parte delle famiglie è stata una dinamica critica di quel periodo precedente, come lo è oggi nelle cosiddette economie emergenti del mondo. Ma nel complesso non è più il fulcro sistemico strategico che e’ stato in gran parte del ventesimo secolo. Cosa c’è dopo? Storicamente, gli oppressi si sono spesso ribellati ai loro padroni. Ma oggi gli oppressi sono perloppiù stati espulsi e sopravvivono a grande distanza dai loro oppressori. Inoltre, l’ “oppressore” è sempre un sistema complesso che combina persone reti e macchine, privo di un centro evidente.