Monsanto, la società gigante biotecnologica, possiede i caratteri genetici salienti in oltre il 90 per cento dei semi di soia e l’80 per cento del mais coltivati dagli agricoltori negli Stati Uniti. Il suo monopolio è nato da una strategia architettata con cura. Si brevetta le proprie sementi geneticamente modificate, insieme a un erbicida che uccide le erbacce, ma non la soia e il mais cresciuti dai suoi semi. L’erbicida e i semi resistenti agli erbicidi inizialmente hanno fatto risparmiare tempo e denaro agli agricoltori.
Ma l’acquisto è accompagnato da un vincolo che li perseguitera’ in futuro: la soia e il mais che crescono da quei semi non producono altri semi. Così ogni stagione della semina, i contadini devono comprare nuovi semi. Inoltre, se gli agricoltori hanno conservato altri semi, essi devono accettare di non usarli. In altre parole, una volta agganciati, gli agricoltori non hanno altra scelta che diventare acquirenti permanenti di semi Monsanto. Per garantire il suo dominio, la Monsanto ha proibito ai rivenditori di rivendere sementi dei concorrenti e ha comprato la maggior parte delle piccole aziende produttrici di sementi.
Non sorprende che, in meno di quindici anni, la maggior parte degli agricoltori americani sono diventati dipendenti da Monsanto. Il risultato è stato un aumento dei prezzi ben oltre la crescita del costo della vita. Dal 2001, la Monsanto ha più che raddoppiato il prezzo del mais e dei semi di soia. Il costo medio di un acro di soia è aumentato del 325 per cento tra il 1994 e il 2011, e il prezzo dei semi di mais e’ aumentato del 259 per cento. Un altro risultato è stato un calo radicale nella diversità genetica dei semi da cui dipendiamo. Questo aumenta il rischio che le malattie o i cambiamenti climatici possano spazzare via interi raccolti per anni, se non per sempre.
Una terza conseguenza è stata l’ubiquità di tratti geneticamente modificati nella nostra catena alimentare. In ogni fase, il crescente potere economico della Monsanto ha aumentato il suo potere politico per spostare le regole a suo vantaggio, accrescendo cosi’ il suo potere economico. A partire dalla legge sulla protezione delle varietà vegetali del 1970, e proseguendo attraverso una serie di casi giudiziari, la Monsanto ha guadagnato una maggiore protezione della sua proprietà intellettuale sui semi geneticamente modificati. Ha combattuto con successo numerosi tentativi al Congresso e in diversi stati volti all’obbligo di etichettatura dei cibi geneticamente modificati o per proteggere la biodiversita’. Ha usato la sua forza politica a Washington per combattere le proposte di altre nazioni per vietare sementi geneticamente modificate.
Per applicare e garantire il dominio, l’azienda ha impiegato una falange di avvocati. Hanno citato in giudizio altre società per violazione di brevetto e citato in giudizio gli agricoltori che volevano conservare i semi per reimpiantarli. gli avvocati della Monsanto hanno anche impedito a scienziati indipendenti di studiare i suoi semi, sostenendo che tali indagini violavano i brevetti della societa’. Si potrebbe pensare che lo schiacciante potere di mercato della Monsanto la renderebbe obiettivo per applicare le regole antitrust. Pensateci bene. Nel 2012, e’ riuscita a mettere fine a un’indagine di due anni dalla divisione antitrust del Dipartimento di Giustizia concernente il suo predominio nel settore delle sementi.
Monsanto ha la particolarità di spendere di più per attivita’ di lobbying – quasi 7 milioni di dollari nel solo 2013 – rispetto a qualsiasi altra grande societa’ agraria. E gli ex (e futuri) dipendenti della Monsanto occupano spesso i migliori posti alla Food and Drug Administration e al Dipartimento dell’Agricoltura, fanno parte del Congresso che si occupa di politica agricola, e diventano consulenti leader del Congresso e alla Casa Bianca. Due lobbisti della Monsanto sono l’ex deputato Vic Fazio e l’ex senatore Blanche Lincoln. Anche il giudice della Corte Suprema Clarence Thomas era un tempo un avvocato per la Monsanto. Monsanto, come ogni nuovo monopolio, ha utilizzato strategicamente il suo potere economico per ottenere potere politico e ha utilizzato il suo potere politico per consolidare il suo potere di mercato.