Il PIL è diventato un modo per misurare l’economia nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale, nel mezzo della Grande Depressione.
Prima di questo momento, ci sono stati molte misure diverse nella valutazione dell’economia e un ampio dibattito su ciò che dovrebbe essere misurato – ciò che costituisce l ‘ “economia”, un dibattito che continua fino ad oggi. Il PIL è calcolato come la somma di quattro termini:
PIL = consumo privato + grossi investimenti + spesa pubblica + (valore delle esportazioni meno importazioni).
Anche se si tratta di una formula molto semplice, se si guarda la classifica dei paesi in base al PIL o il PIL pro capite calcolati dal Fondo monetario internazionale, dalla Central Intelligence Agency, e dalla Banca mondiale,troverete che essi differiscono e non per piccole quantità.
Il PIL non si traduce in reddito medio, perché solo una frazione del reddito derivante dalla produzione di un paese va direttamente agli stipendi dei lavoratori. Il PIL nasconde la disuguaglianza. Un disastro potrebbe causare grandi perdite a persone a basso reddito, ma non apparire molto rilevante in termini di PIL.
E mentre la formula è abbastanza semplice, il problema è sommare ciò che accade in ciascuno dei termini. Che cosa sono gli investimenti lordi? Cosa va ascritto nei consumi? Il manuale del sistema dei conti nazionali delle Nazioni Unite consiste in centinaia di pagine e fornisce linee guida su come dovrebbe essere fatta la misurazione. Molti paesi non seguono, non seguiranno, o non possono seguire le linee guida molto da vicino. La maggior parte dei paesi poveri non hanno i corpi istituzionali necessari per tenere traccia delle voci che costituiscono il PIL.
Nei paesi poveri gran parte dell’economia è informale, nel senso che molte operazioni, compresa la retribuzione del lavoro, sono fatte in contanti o in scambi. Di conseguenza, esse non sono tassate o regolamentate e non si presentano nei conti pubblici. La dimensione dell’economia informale in qualsiasi paese è difficile da indovinare. Anche nei paesi ricchi, l’economia informale può essere circa il 20 per cento del totale, mentre nei paesi più poveri può superare il 60 per cento. Maggiore sara’ l’effetto di un disastro sul settore informale, come avviene in molti paesi più poveri, meno è probabile che l’importo sarà rivelato in cifre del PIL.
Dopo che l’Italia ha iniziato a includere nel suo PIL una stima della sua cospicua economia informale nel 1987, il PIL del paese è aumentato di colpo del 18 per cento ed ha superato il PIL del Regno Unito. In una mossa ancora più audace, l’Italia ha iniziato ad includere il traffico di droga, la prostituzione, l’alcool e il contrabbando di tabacco nella sua contabilità nazionale alla fine del 2014. Il Regno Unito ha fatto lo stesso una settimana più tardi. Le imprese illegali sono grandi imprese in molti paesi, ed e’ giusto includere il loro fatturato nei dati del PIL, ma il fatto stesso che siano illegali le rende difficili da stimare. Non vi è alcun motivo di pensare che queste attività illegali diminuiscano a seguito di un disastro. Infatti, con l’applicazione della legge distratta dalle misure per fronteggiare il disastro, le attività criminali potrebbero anche aumentare.

Ecco la descrizione classica della trappola della poverta’:

Se vivi in un paese povero, e’ molto probabile che ti ammali – a causa della scarsa igiene, mancanza di assistenza sanitaria, e cose simili.

Ma se si è malati, non si può lavorare o andare a scuola – non si può guadagnare, e non si può imparare.

In questo caso si diventa più poveri. Piu’ si e’ poveri, più sono le probabilita’ di ammalarsi. E così via.

La trappola della poverta’ e’ una reazione auto-amplificata di conseguenze negative. Un paese bloccato in questa situazione non puo’ fare nulla per promuovere la crescita. In particolare, l’integrazione del capitale e’ inefficace nel promuovere la crescita, perché l’economia non è in grado di fare un uso efficace del capitale.

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