Il fallimento del progetto unilaterale degli Stati Uniti porta molti analisti a
cercare candidati che subentrino al governo dell’ egemonia globale. Sarà un nuovo califfato emergente a mettere ordine in grandi parti del globo sulla base
dell’unità musulmana sotto il controllo teocratico? L’ Europa, ora unita, reclamera’ la sua posizione dominante e dettera’ gli affari globali? Oppure il resto del mondo sta aspettando solo il momento in cui la Cina sia pronta ad esercitare la sua egemonia unilaterale?
Troviamo implausibili tutte queste ipotesi di “nuovi pretendenti al Trono”, perché si basano sul presupposto che la forma di ordine globale rimanga imperialista e che, anche se gli Stati Uniti non sono in grado di raggiungere l’egemonia unilaterale, qualche altro stato-nazione o potere sovrano lo è. Il fallimento dell’ unilateralismo degli Stati Uniti dimostra, a nostro avviso, il fallimento non solo di un progetto americano ma anche, e più importante, dell’ unilateralismo stesso.
La forma dell’ ordine globale è irreversibilmente cambiata. Oggi stiamo vivendo in un periodo di transizione, un interregno in cui il vecchio imperialismo è morto e il nuovo impero sta ancora emergendo.

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In breve, un ordine multilaterale, una nuova Westfalia in grado di orchestrare un accordo e garantire la collaborazione internazionale, è oggi impossibile in gran parte perché l’ordine istituzionale su cui si baserebbe – dalle Nazioni Unite alle istituzioni di Bretton Woods, non è più efficace.

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Per coloro la cui immaginazione politica è popolata solo da forme precedentemente esistenti di ordine globale, una volta che l’unilateralismo ha fallito e il multilateralismo si è rivelato come impossibile da realizzare, tutto ciò che rimane è il disordine, una guerra di tutti contro tutti, con una sorta di legge della giungla a prevalere nei mercati globali. Dovrebbe essere chiaro, tuttavia, che anche in una situazione di controlli unilaterali e multilaterali indeboliti, la globalizzazione continua. Dobbiamo riconoscere le nuove forme di gestione, regolamento e controllo che stanno emergendo per dare ordine al sistema globale. Una volta che adottiamo una nuova prospettiva, infatti, possiamo cominciare a vedere che esiste già una complessa rete di norme , strutture e autorità globali, che è parziale, incompleta, per certi aspetti fragile ma reale ed efficace.

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Le precise analisi di Saskia Sassen sulle forme istituzionali emergenti di controllo economico e politico ci danno una solida base per indagare questo nuovo ordine mondiale. Ella mette definitivamente a riposo tutti gli inutili dibattiti che sostengono l’ importanza continua degli stati-nazione contro i processi di globalizzazione, come se si escludessero reciprocamente.
L’ordine globale emergente, sostiene, si sta formando non solo al di fuori degli stati-nazione, ma anche, cio’ che e’ più importante, al loro interno, avviando un processo di “denazionalizzazione” di alcuni componenti dello stato-nazione che li rende sempre più orientati verso agende e sistemi globali. In altre parole Il globale è all’interno del nazionale, tanto quanto il nazionale è all’interno del globale. La Sassen quindi propone la lettura dell’ ordine emergente globale politico e istituzionale in termini di assemblaggi in cui “lo stato-nazione e il
sistema interstatale rimangono elementi di critica, ma non sono soli, e sono profondamente alterati dall’interno verso l’esterno.”Si dimostra come le condizioni di ordine globale siano cambiate in modo tale che, da un lato, né gli Stati Uniti né alcun altro pretendente al trono può esercitare il controllo unilaterale e condurre con successo progetti imperialisti, e, dall’altro, nessuna struttura multilaterale interstatale istituzionale sia in grado da sola di gestire e regolare il sistema mondiale.
Gli assemblaggi che lei vede in grado di determinare l’ordine globale sono costituiti da una miscela di istituzioni e autorità sovranazionali, nazionali e non nazionali.

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