Un aspetto centrale della precarietà è che essa impone un nuovo regime di tempo, per quanto riguarda sia la giornata lavorativa che la carriera o, per dirla in altro modo, la precarietà è un meccanismo di controllo che determina la temporalità dei lavoratori, distruggendo la divisione tra tempo di lavoro e tempo di non-lavoro, il che costringe i lavoratori a non lavorare per tutto il tempo, ma ad essere costantemente disponibili se chiamati. continua a leggere…
Mese: marzo 2017
Gordon Brown, Cancelliere dello Scacchiere, con Dick Fuld, all’ inaugurazione della nuova sede di Londra di Lehman Brothers, 5 aprile 2004
Nuovi mercati, nuove imprese
“Vorrei rendere omaggio al contributo che voi e la vostra azienda date alla prosperità della Gran Bretagna. Nel corso della sua storia da cento e cinquanta anni, Lehman Brothers è sempre stato un innovatore, finanziando nuove idee e invenzioni prima che molti altri cominciassero ad accorgersi del loro potenziale”.
Robert Reich: “Saving Capitalism”
Monsanto, la società gigante biotecnologica, possiede i caratteri genetici salienti in oltre il 90 per cento dei semi di soia e l’80 per cento del mais coltivati dagli agricoltori negli Stati Uniti. Il suo monopolio è nato da una strategia architettata con cura. Si brevetta le proprie sementi geneticamente modificate, insieme a un erbicida che uccide le erbacce, ma non la soia e il mais cresciuti dai suoi semi. L’erbicida e i semi resistenti agli erbicidi inizialmente hanno fatto risparmiare tempo e denaro agli agricoltori.
Ma l’acquisto è accompagnato da un vincolo che li perseguitera’ in futuro: la soia e il mais che crescono da quei semi non producono altri semi. Così ogni stagione della semina, i contadini devono comprare nuovi semi. Inoltre, se gli agricoltori hanno conservato altri semi, essi devono accettare di non usarli. In altre parole, una volta agganciati, gli agricoltori non hanno altra scelta che diventare acquirenti permanenti di semi Monsanto. Per garantire il suo dominio, la Monsanto ha proibito ai rivenditori di rivendere sementi dei concorrenti e ha comprato la maggior parte delle piccole aziende produttrici di sementi.
Non sorprende che, in meno di quindici anni, la maggior parte degli agricoltori americani sono diventati dipendenti da Monsanto. Il risultato è stato un aumento dei prezzi ben oltre la crescita del costo della vita. Dal 2001, la Monsanto ha più che raddoppiato il prezzo del mais e dei semi di soia. Il costo medio di un acro di soia è aumentato del 325 per cento tra il 1994 e il 2011, e il prezzo dei semi di mais e’ aumentato del 259 per cento. Un altro risultato è stato un calo radicale nella diversità genetica dei semi da cui dipendiamo. Questo aumenta il rischio che le malattie o i cambiamenti climatici possano spazzare via interi raccolti per anni, se non per sempre.
Una terza conseguenza è stata l’ubiquità di tratti geneticamente modificati nella nostra catena alimentare. In ogni fase, il crescente potere economico della Monsanto ha aumentato il suo potere politico per spostare le regole a suo vantaggio, accrescendo cosi’ il suo potere economico. A partire dalla legge sulla protezione delle varietà vegetali del 1970, e proseguendo attraverso una serie di casi giudiziari, la Monsanto ha guadagnato una maggiore protezione della sua proprietà intellettuale sui semi geneticamente modificati. Ha combattuto con successo numerosi tentativi al Congresso e in diversi stati volti all’obbligo di etichettatura dei cibi geneticamente modificati o per proteggere la biodiversita’. Ha usato la sua forza politica a Washington per combattere le proposte di altre nazioni per vietare sementi geneticamente modificate.
Per applicare e garantire il dominio, l’azienda ha impiegato una falange di avvocati. Hanno citato in giudizio altre società per violazione di brevetto e citato in giudizio gli agricoltori che volevano conservare i semi per reimpiantarli. gli avvocati della Monsanto hanno anche impedito a scienziati indipendenti di studiare i suoi semi, sostenendo che tali indagini violavano i brevetti della societa’. Si potrebbe pensare che lo schiacciante potere di mercato della Monsanto la renderebbe obiettivo per applicare le regole antitrust. Pensateci bene. Nel 2012, e’ riuscita a mettere fine a un’indagine di due anni dalla divisione antitrust del Dipartimento di Giustizia concernente il suo predominio nel settore delle sementi.
Monsanto ha la particolarità di spendere di più per attivita’ di lobbying – quasi 7 milioni di dollari nel solo 2013 – rispetto a qualsiasi altra grande societa’ agraria. E gli ex (e futuri) dipendenti della Monsanto occupano spesso i migliori posti alla Food and Drug Administration e al Dipartimento dell’Agricoltura, fanno parte del Congresso che si occupa di politica agricola, e diventano consulenti leader del Congresso e alla Casa Bianca. Due lobbisti della Monsanto sono l’ex deputato Vic Fazio e l’ex senatore Blanche Lincoln. Anche il giudice della Corte Suprema Clarence Thomas era un tempo un avvocato per la Monsanto. Monsanto, come ogni nuovo monopolio, ha utilizzato strategicamente il suo potere economico per ottenere potere politico e ha utilizzato il suo potere politico per consolidare il suo potere di mercato.
Slavoj Žižek “Against the Double Blackmail: Refugees, Terror and Other Troubles with the Neighbours”
La critica del fondamentalismo religioso europeo e americano è un vecchio argomento con infinite variazioni. Lo stesso autocompiacimento con il quale i liberali prendono in giro i fondamentalisti evidenzia il vero problema:
la dimensione di classe nascosta. continua a leggere…
Joseph A. Schumpeter: “Capitalism, Socialism, and Democracy”
Da un lato, Marx esalta, anche se non lo motiva adeguatamente – il tremendo potere del capitalismo di sviluppare la capacità di produzione della società.
Dall’ altra parte, pone incessantemente l’ accento sulla crescente miseria delle masse. Non è la cosa più naturale al mondo concludere che le crisi o le depressioni sono dovute al fatto che le masse sfruttate non possono comprare ciò che l’ apparecchio della produzione in continua espansione produce o è pronto a produrre, e che per questo e per altre ragioni che non abbiamo bisogno di ripetere il tasso di profitti scende a livello di fallimento? Così ci sembra davvero di approdare, secondo l’ elemento che vogliamo sottolineare, sulle rive del sotto-consumo o una teoria di eccesso di produzione del tipo più spregevole.
John C. Mutter: “Disaster Profiteers”
Il PIL è diventato un modo per misurare l’economia nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale, nel mezzo della Grande Depressione.
Prima di questo momento, ci sono stati molte misure diverse nella valutazione dell’economia e un ampio dibattito su ciò che dovrebbe essere misurato – ciò che costituisce l ‘ “economia”, un dibattito che continua fino ad oggi. Il PIL è calcolato come la somma di quattro termini:
PIL = consumo privato + grossi investimenti + spesa pubblica + (valore delle esportazioni meno importazioni).
Anche se si tratta di una formula molto semplice, se si guarda la classifica dei paesi in base al PIL o il PIL pro capite calcolati dal Fondo monetario internazionale, dalla Central Intelligence Agency, e dalla Banca mondiale,troverete che essi differiscono e non per piccole quantità.
Il PIL non si traduce in reddito medio, perché solo una frazione del reddito derivante dalla produzione di un paese va direttamente agli stipendi dei lavoratori. Il PIL nasconde la disuguaglianza. Un disastro potrebbe causare grandi perdite a persone a basso reddito, ma non apparire molto rilevante in termini di PIL.
E mentre la formula è abbastanza semplice, il problema è sommare ciò che accade in ciascuno dei termini. Che cosa sono gli investimenti lordi? Cosa va ascritto nei consumi? Il manuale del sistema dei conti nazionali delle Nazioni Unite consiste in centinaia di pagine e fornisce linee guida su come dovrebbe essere fatta la misurazione. Molti paesi non seguono, non seguiranno, o non possono seguire le linee guida molto da vicino. La maggior parte dei paesi poveri non hanno i corpi istituzionali necessari per tenere traccia delle voci che costituiscono il PIL.
Nei paesi poveri gran parte dell’economia è informale, nel senso che molte operazioni, compresa la retribuzione del lavoro, sono fatte in contanti o in scambi. Di conseguenza, esse non sono tassate o regolamentate e non si presentano nei conti pubblici. La dimensione dell’economia informale in qualsiasi paese è difficile da indovinare. Anche nei paesi ricchi, l’economia informale può essere circa il 20 per cento del totale, mentre nei paesi più poveri può superare il 60 per cento. Maggiore sara’ l’effetto di un disastro sul settore informale, come avviene in molti paesi più poveri, meno è probabile che l’importo sarà rivelato in cifre del PIL.
Dopo che l’Italia ha iniziato a includere nel suo PIL una stima della sua cospicua economia informale nel 1987, il PIL del paese è aumentato di colpo del 18 per cento ed ha superato il PIL del Regno Unito. In una mossa ancora più audace, l’Italia ha iniziato ad includere il traffico di droga, la prostituzione, l’alcool e il contrabbando di tabacco nella sua contabilità nazionale alla fine del 2014. Il Regno Unito ha fatto lo stesso una settimana più tardi. Le imprese illegali sono grandi imprese in molti paesi, ed e’ giusto includere il loro fatturato nei dati del PIL, ma il fatto stesso che siano illegali le rende difficili da stimare. Non vi è alcun motivo di pensare che queste attività illegali diminuiscano a seguito di un disastro. Infatti, con l’applicazione della legge distratta dalle misure per fronteggiare il disastro, le attività criminali potrebbero anche aumentare.
Ecco la descrizione classica della trappola della poverta’:
Se vivi in un paese povero, e’ molto probabile che ti ammali – a causa della scarsa igiene, mancanza di assistenza sanitaria, e cose simili.
Ma se si è malati, non si può lavorare o andare a scuola – non si può guadagnare, e non si può imparare.
In questo caso si diventa più poveri. Piu’ si e’ poveri, più sono le probabilita’ di ammalarsi. E così via.
La trappola della poverta’ e’ una reazione auto-amplificata di conseguenze negative. Un paese bloccato in questa situazione non puo’ fare nulla per promuovere la crescita. In particolare, l’integrazione del capitale e’ inefficace nel promuovere la crescita, perché l’economia non è in grado di fare un uso efficace del capitale.
Michael Hardt, Antonio Negri: “Commonwealth”
La flessibilità e la mobilità imposti sulla forza lavoro biopolitica insieme con le pressioni migratorie creano una straordinaria dinamica di deterritorializzazione. Quando parliamo della caduta dei confini e del nomadismo, dovrebbe essere chiaro che la caduta delle frontiere non determina il nomadismo ma al contrario il nomadismo rompe i confini e minaccia la stabilità territoriale del controllo capitalista. continua a leggere…
B. Milanovic: “Global Income Inequality by the Numbers: in History and Now”
L’economista della Banca mondiale Branko Milanovic, osservando l’ enorme e crescente disuguaglianza nei paesi in via di sviluppo, chiama questo un “mondo non-marxista”, in cui la posizione geografica, e non la classe sociale, e’ responsabile per due terzi di tutte le disuguaglianze. La sua conclusione: “O i paesi poveri diventeranno più ricchi o i poveri migreranno verso i paesi ricchi”.
Robert Reich: “Saving Capitalism”
Nel 2014 i dirigenti, dipendenti e clienti di una catena di supermercati del New England chiamato Market Basket si sono uniti per opporsi alla decisione del Consiglio di Amministrazione all’inizio di quell’anno di spodestare il popolare amministratore delegato della catena, Arthur T. Demoulas. Le loro manifestazioni e boicottaggi hanno svuotato più di settanta negozi della catena. Ciò che rendeva speciale Arthur T., come era conosciuto, era il suo modello di business. Teneva i prezzi più bassi rispetto ai suoi concorrenti, pagava di piu’ i suoi dipendenti, e dava loro ed ai suoi manager più autorità. Poco prima della sua estromissione ha offerto ai clienti un ulteriore sconto del 4 per cento, sostenendo che avrebbero potuto utilizzare il denaro meglio degli azionisti. In altre parole Arthur T. vedeva l’azienda come una società mista della quale tutti avrebbero dovuto beneficiare, non solo i suoi azionisti – motivo per cui il Consiglio lo ha licenziato. Alla fine, i consumatori e i dipendenti hanno vinto. Il boicottaggio costava a Market Basket tanto che il consiglio ha venduto la società a Arthur T.
Market Basket non era una società a partecipazione pubblica, al momento, ma stiamo cominciando a vedere il modello di business di Arthur T. spuntare dovunque, anche dove sono coinvolti molti azionisti. Patagonia, un grande produttore di abbigliamento con sede a Ventura, in California, per esempio, si e’ organizzata come una cosiddetta società “benefit corporation” a scopo di lucro ma il cui atto costitutivo richiede di prendere in considerazione gli interessi dei lavoratori, della comunità, e dell’ambiente, così come degli azionisti. Le benefit corporation sono certificate e la loro performance è regolarmente rivista da entità terze parti senza scopo di lucro, come ad esempio B Lab. Entro il 2014, ventisette stati avevano promulgato leggi che permettono alle aziende di strutturarsi in questo modo, dando così ai direttori protezione giuridica esplicita nel prendere in considerazione gli interessi di tutte le parti interessate e non solo degli azionisti che li hanno eletti. E da allora, più di 1.165 aziende in 121 settori sono state certificate come benefit corporation, tra cui la società a conduzione familiare Seventh Generation.
Potremmo essere testimoni dell’inizio di un ritorno ad una forma di capitalismo delle parti interessate (stakeholders) che è stato dato per scontato in America sessanta anni fa. Ma alcuni economisti sostengono che il “capitalismo degli azionisti” (shareholders) è più efficiente.
Essi sostengono che sotto la pressione degli azionisti, le società muovono le risorse economiche dove sono più produttive e, quindi, permettono all’intera economia di crescere più velocemente. A loro avviso, la forma di capitalismo delle parti interessate di metà del secolo scorso ha rinchiuso le risorse in modo improduttivo e ha permesso ai CEO (amministratori delle societa’) di essere troppo compiacenti – impiegando lavoratori dei quali la società non ha bisogno, pagandoli troppo, e diventando troppo legati alle loro comunità.
Eppure, quando si guardano criticamente le conseguenze del capitalismo degli azionisti, che ha messo radici nel 1980 – un’ eredita’ che comprende i salari statici o in calo per la maggior parte degli americani, insieme con la crescente insicurezza economica, i posti di lavoro in outsourcing, le comunità abbandonate, la retribuzione dei CEO che e’ aumentata vertiginosamente, un focus miope sui guadagni trimestrali, e un settore finanziario simile a un casino’ il quasi fallimento del quale nel 2008 ha determinato danni collaterali alla maggior parte degli americani – si potrebbe avere qualche dubbio su quanto bene il capitalismo degli azionisti ha lavorato in pratica. Solo alcuni di noi sono azionisti aziendali, e una piccola minoranza di ricchi americani possiedono la maggior parte delle azioni negoziate in borsa dell’America. Ma siamo tutti “stakeholders” dell’economia americana, e la maggior parte degli stakeholders non si sono comportati particolarmente bene. Forse e’ piu’ “sano” un capitalismo attento a tutte le parti in causa rispetto alle varie forme di capitalismo attente solo agli azionisti.
Michael Hardt, Antonio Negri: “Commonwealth”
Il disordine e la complessità della situazione globale, con la ricomparsa di una grande varietà di forme obsolete di violenza, appropriazione economica, dominio politico, e così via, portano molti a guardare ai vecchi modelli, come l’egemonia unilaterale e la collaborazione multilateralista, per comprendere i termini dell’ ordine globale. continua a leggere…