Ci sono due modi di invadere la proprieta’ privata; il primo, mediante il quale i poveri saccheggiano i ricchi…improvviso e violento; il secondo, mediante il quale i ricchi saccheggiano i poveri, lento e legale.
Mese: febbraio 2017
Brender and Pisani: “Global Imbalances”
L’ unica forza che potrebbe finalmente porre un freno alla continua crescita degli squilibri mondiali sarebbe il crollo della finanza globalizzata.
Michael Hardt, Antonio Negri: “Commonwealth”
Si sentono anche oggi urgenti, disperati appelli per il socialismo o una qualche forma di controllo statale dell’economia a seguito delle crisi e della devastazione che hanno provocato il neoliberismo e il capitalismo senza regole. continua a leggere…
T.Piketty: “Merkhollande and the Eurozone: Shortsighted and Selfishness”
In primo luogo bisogna ripetere che una moneta unica con diciassette debiti pubblici non può funzionare. La perdita della sovranità monetaria deve essere compensata da un accesso al debito pubblico mutualizzato e da un basso e prevedibile tasso di interesse. continua a leggere…
John Maynard Keynes: “National Self-Sufficiency”
Il decadente capitalismo internazionale ma individualistico, nelle mani del quale ci siamo trovati dopo la guerra, non è un successo. Non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso – e non produce benessere. In breve, non ci piace, e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, siamo estremamente perplessi.
L.Ahamed: “Lords of Finance: The Bankers Who Broke the World”
La produzione in quasi tutti i paesi era crollata – nei due più colpiti, gli Stati Uniti e la Germania, era caduta del 40 per cento. Le fabbriche in tutto il mondo industriale – da quelle di auto di Detroit alle acciaierie della Ruhr, dai setifici di Lione ai cantieri navali di Tyneside – erano state chiuse o lavoravano ad una frazione della loro capacita’. Di fronte alla contrazione della domanda, le imprese avevano tagliato i prezzi del 25 per cento nei due anni da quando la crisi era cominciata.
Jeremy Rifkin: “The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism”
Se ti avessi detto 25 anni fa che, nel tempo di un quarto di secolo, un terzo del genere umano si sarebbe scambiato informazioni attraverso enormi reti globali di centinaia di milioni di persone – scambiandosi audio, video e testo – e che la conoscenza combinata del mondo sarebbe stata accessibile da un cellulare, che ogni singolo individuo avrebbe potuto pubblicare una nuova idea, introdurre un prodotto o passare un pensiero a un miliardo di persone allo stesso tempo, e che il costo di tutto questo sarebbe stato quasi nullo, avresti scosso la testa incredulo. Tutto cio’ ora e’ realtà. E se vi dicessi che tra 25 anni la maggior parte dell’energia utilizzata per riscaldare la vostra casa ed alimentare i vostri apparecchi, il vostro business, guidare il vostro veicolo e far funzionare ogni parte dell’economia globale sarà quasi gratis allo stesso modo? Questa è già realta’ per diversi milioni di primi utenti che hanno trasformato le loro case e le loro imprese in impianti microalimentati atti a raccogliere le energie rinnovabili in loco. Anche prima che qualsiasi costo fisso per l’ installazione di impianti ad energia solare ed eolica sia ripagato, spesso in un periodo da due a otto anni, il costo marginale dell’energia raccolta è quasi nullo.
A differenza dei combustibili fossili e dell’uranio per l’energia nucleare, in cui la merce costa sempre qualcosa, il sole raccolto sul tetto, il vento che risale il lato del palazzo, il calore proveniente dal suolo sotto il vostro ufficio, e la spazzatura in decomposizione anaerobica che si trasforma in energia da biomassa nella vostra cucina sono tutti quasi gratis.
Jeremy Rifkin: “The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism”
E’ stato all’ inizio dell’era capitalista che la gente ha cominciato a ritirarsi dietro porte chiuse a chiave. La vita borghese era un affare privato. Sebbene le persone avessero un’ immagine pubblica, gran parte della loro vita quotidiana si svolgeva in spazi privati. A casa, la vita era più isolata in stanze separate, ciascuna con la propria funzione: salotti, sale musica, biblioteche, ecc.
Gli individui hanno anche cominciato per la prima volta a dormire da soli in camere e letti separati.
La privatizzazione della vita umana è avvenuta di pari passo con la privatizzazione dei beni comuni. Nel nuovo mondo di rapporti di proprietà privata, in cui tutto è stato ridotto a “Mio” contro “tuo”, il concetto di agente autonomo, circondato da proprietà privata e recintata per dividerla dal resto del mondo, ha assunto una vita propria. Il diritto alla privacy è divenuto il diritto di escludere.
L’idea che la casa di ogni uomo è il suo castello ha accompagnato la
privatizzazione della vita. Le generazioni successive hanno considerato la privacy una qualità umana intrinseca fornita dalla natura, piuttosto che una semplice convenzione sociale frutto di un momento particolare nel cammino umano. Oggi, l’ “Internet delle cose” in atto sta strappando via le recinzioni che
rendevano la privacy sacrosanta e un diritto considerato tanto importante quanto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità. Per la generazione più giovane crescere in un mondo globalmente connesso dove ogni momento della propria vita viene compulsivamente pubblicato e condiviso con il mondo attraverso Facebook, Twitter, YouTube, Instagram, e innumerevoli altri social media, la privacy ha perso gran parte del suo fascino. Per loro, la libertà non è legata all’ autonomia e all’esclusione, ma piuttosto a godersi la condivisione e l’inclusione in una piazza pubblica globale virtuale. Il diktat della
generazione più giovane è la trasparenza, il suo modus operandi è la collaborazione, e la sua espressione è esercitata a titolo di produzione paritaria
in reti scalari.
Michael Hardt, Antonio Negri: “Commonwealth”
La terza grande tendenza della composizione tecnica del lavoro è il risultato di nuovi modelli di migrazione e dei processi della mescolanza sociale e di razze.
Tutti i livelli di imprese capitalistiche nei paesi dominanti, dalle grandi alle piccole imprese, dall’ agroalimentare alla produzione, dal lavoro domestico alla costruzione, hanno bisogno di flussi costanti di migranti sia legali che illegali per integrare la forza lavoro locale e questo genera continuamente conflitti ideologici all’interno delle classi capitalistiche, come vedremo più avanti, costretti come sono dal loro portafogli a favorire i flussi migratori, ma contrari a loro nella loro coscienza morale, nazionalista e spesso razzista. continua a leggere…
D.Acemoglu, J.Robinson: “Why Nations Fail: The Origins of Power, Prosperity and Poverty”
Ciò che era possibile in Messico o in Perù non era fattibile in Virginia.
E’ passato del tempo prima che la Virginia Company riconoscesse che il suo modello iniziale di colonizzazione non aveva funzionato in Virginia, e c’e’ voluto tempo anche per il fallimento della “Lawes Divina, Morall e Martiall”.