“Un ulteriore problema deriva dal fatto che la regolamentazione
del capitalismo patrimoniale nel XXI secolo richiede nuovi strumenti e
nuove forme di cooperazione internazionale. Gli Stati Uniti rappresentano da soli quasi un quarto del PIL mondiale.
Il paese è grande abbastanza per agire – in particolare per trasformare la sua flat tax sugli immobili (che risale al XIX secolo, come le tasse simili in Europa, come la tassa fondiaria francese) in una tassa progressiva annuale sul patrimonio netto individuale (che prende in considerazione debiti e attività finanziarie). Questo migliorerebbe la situazione per chi compra la prima casa riducendo la concentrazione nel settore elitario. Gli Stati Uniti si sono anche dimostrati capaci di guardare in basso alle banche svizzere al fine di ottenere la trasmissione automatica di informazioni sulle loro attività finanziarie nazionali. Per andare oltre, l’Unione Europea, che agisce con gli Stati Uniti, deve finalmente fare la sua parte e sviluppare un vero e proprio registro internazionale dei beni e dei titoli. L’opacità della finanza e la crescente concentrazione della ricchezza sono sfide per il mondo intero. Secondo la classifica pubblicata dal 1987 da Forbes, le più grandi fortune sono cresciute a un tasso medio del 6-7 per cento l’anno tra il 1987 e il 2013, contro appena il 2 per cento della ricchezza media in tutto il mondo. Il rischio di una deriva verso un’oligarchia esiste in ogni continente”.